Politica finanziaria della destra
Per risanare i conti pubblici dopo le guerre del Risorgimento vi è una forte immissione di Bot di Stato ovvero buoni del tesoro il cui ricorso avviene tutt'oggi in modo tale che lo Stato possa avere un prestito di soldi che restituirà all'investitore con interessi. Viene effettuato un corso forzoso del denaro nel 1866: viene emessa in grande quantità carta moneta non convertibile in oro. Fino ai primi del novecento il valore del denaro era legato alla quantità d'oro presente nella Banca centrale. Se viene emesso oro scende il valore della moneta: la politica inflazionaria peggiora la vita delle masse più povere: possono comprare meno di prima.
Alienazione (vendita) di beni demaniali ed ecclesiastici. Politica non così vantaggiosa perché tante furono le terre messe in vendita dal demanio e quindi il prezzo crollò.
Inasprimento delle imposte dirette e indirette; soprattutto su quelle dirette la tassa sul macinato portò ad un aumento del prezzo del pane. Già applicata durante il governo borbonico, viene poi proposta nel 1865 da Sella, suscitando una reazione tale che cade il governo ma nel 1868 viene ripristinata la legge e abolita definitivamente nel 1884. Anche l'importo sul sale, uno dei beni di maggiore necessità in quel tempo per la conservazione di cibi e sui tabacchi viene fatta con un programma di economia per arrivare al pareggio di bilancio, raggiunto nel 1875 anche se facendo aumentare il malcontento popolare. Questo problema porterà ai governi della sinistra storica per la caduta di quelli della destra storica nel 1876.
Dati positivi dell'esperienza della destra storica
Crescita delle infrastrutture e delle ferrovie: nel 1870 l'Italia ha 6000 km di ferrovia.
Creazione di un mercato nazionale che prima non esisteva.
Il Nord è caratterizzato dal capitalismo agrario e salva l'Italia della bancarotta, quindi anche se non uniforme la politica economica della destra ha portato la salvezza delle casse dello Stato.
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