"A Nerone che aspettava notizie del delitto, viene riferito che Agrippina è scampata dall'attentato con una lieve ferita e in condizioni tali da capire l'autore del fatto. Allora esanime per lo spavento e già preparandosi a sua madre assetata di vendetta sia istigando un soldato o tutti gli schiavi contro di lui, sia che si appellasse al senato rinfacciandogli l'attentato: quale aiuto potrà ricevere Nerone contro ciò? A meno che non inventassero qualcosa Burro (prefetto del pretorio) o Seneca che subito aveva fatto chiamare; è incerto se in quel momento loro ne sapevano qualcosa di quanto era accaduto. Entrambi pertanto ebbero un lungo silenzio sia che pensassero che non valesse la pena di persuaderlo sia se Nerone sarebbe durato con Agrippina viva. Successivamente Seneca risponde di chiedere a Burro se vale la pena di usare militari. Burro risponde che i pretoriani affezionati alla famiglia dei Cesari e memori di Germanico (assassinato da Agrippina per far andare Nerone al potere) non avrebbero fatto nulla contro Agrippina, che fosse Aniceto (l'ideatore del piano non riuscito) a completare il lavoro poichè lui non ha nulla da perdere. Sentendo questo Nerone disse che in quel giorno riceveva l'impero e che fossero portati i soldati pronti al crimine. Lui stesso venuto a sapere che era arrivato il nunzio Agermo (di Agrippina), prepara la scena del delitto e mentre lo ascolta fa buttare un gladio tra i piedi di questo e lo fa catturare per aver tentato di ucciderlo; affinchè si credesse che la madre avesse ordinato l'omicidio del principe, fa suicidiare il nunzio con motivazione di questo atto la vergogna di non essere riuscito nel compito".
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