Il potere agisce in modo sbagliato in quanto la malvagità è insita in esso stesso.
Il conte di Carmagnola
Il protagonista è un capitano di ventura che viene accusato ingiustamente di tradimento dai nobili veneziani che gli tendono una trappola, lo processano e lo giustiziano. Un suo amico che è un senatore veneziano è preso tra due fuochi: alla fine cede al potere con molta sofferenza. Dopo questo tradimento di amicizia pronuncia un lungo monologo nel 4° atto.
Il soliloquio di Marco
Subito all'inizio ci sono una serie di domande che presentano una situazione di tensione; si rende conto di essere un vile. La colpa che ha commesso è irreversibile; per Manzoni però il male è sempre qualcosa di personale e non di collettivo. Si vede in pieno lo spirito giansenista dell'autore che imputa la responsabilità delle colpe ai singoli che hanno sempre la possibilità di scegliere (quasi sempre). Marco non cerca giustificazioni, anzi si (auto)fustiga. Gli altri senatori lo hanno costretto e lui ha ceduto al potere opprimente di chi comanda. Aveva due cose buone: la virtù e un amico; alla fine però le ha perse entrambe.
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