A Silvia
Probabilmente è il canto più equilibrato tra quelli di Leopardi; i due personaggi non hanno nulla in comune a parte il comune destino umano. Lei aspetta il momento del futuro in cui potrà vivere felice ma il desiderio è interrotto dalla morte; Giacomo vede invece la felicità nel suo passato. Il contrasto su cui nasce il canto è riassunto nel non potere raggiungere la felicità.
Lei è ancora molto giovane e sta per diventare adolescente; l'ultima parola della prima strofa "salivi" è l'anagramma di "Silvia". Il "vago avvenir" ha un doppio significato: indefinito e piacevole. Il tempo migliore (la giovinezza) si ritrova anche nel canto "Il passero solitario". Lei aspettava un avvenire che però non avrà, lui sperava in qualcosa all'esterno di Recanati. Nel momento in cui scrive, Leopardi si rende conto dell'irrealizzazione dei suoi sogni; la natura è una dispensatrice di illusioni senza alcun fine pratico. I giovani hanno delle illusioni che però inevitabilmente cadono o per la morte o per l'ardua vita. La speranza con il tempo diminuisce: speranza e memoria sono inversamente proporzionali. Dal parlare di Silvia scivola a parlare della speranza: si incomincia capire che Silvia potrebbe essere l'immagine della sua speranza. Quello che si è immaginato è quello che alla fine si ha? Evidentemente no.
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