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Augusto nonostante il periodo di pace non era riuscito a combattere la corruzione materiale e morale. Livio a differenza di Sallustio scrive la storia per contemplare il passato di Roma senza pretese di essere incisivo nella politica a lui contemporanea dominata dalla figura di Ottaviano.
L'exemplum è una storia a sé con una morale profonda che è il vero scopo della presenza di questo tipo di narrazione.
La conquista delle donne
I romani all'inizio avevano chiesto il diritto di sposarsi con le donne di altri popoli in maniera diplomatica; gli altri però non li avevano presi sul serio. "Lo Stato romano era così valido da essere pari in guerra a qualunque delle città confinanti, ma a causa della mancanza delle donne la potenza non sarebbe durata oltre una generazione; poiché non vi era speranza di figli in patria né di sposarsi con straniere. Allora secondo la decisione del Senato, Romolo mandò ambasciatori ai popoli vicini per chiedere alleanza e diritto di matrimonio dicendo che: anche le città come le altre cose nascono da umili origini e successivamente qualora la loro virtù o gli Dei siano favorevoli, acquistano grande importanza, ora era chiaro che all'origine di Roma gli Dei erano stati propizi e il valore non sarebbe mancato, perciò si chiedeva che questi popoli non disdegnasero di mescolare il loro sangue con quello romano. Da nessuna parte questo venne ascoltato con benignità, anzi a tal punto lo disprezzarono ma allo stesso tempo temevano la potenza romana futura. A coloro "(gli ambasciatori)" che chiedevano venne chiesto perché non avessero dato il diritto d'asilo alle donne "(all'inizio dello stato romano fu dato asilo ai criminali dei popoli vicini, in questo modo avrebbero potuto prendere anche le donne di dubbia moralità)", così avrebbero potuto organizzare matrimoni degni di loro. A questo punto la gioventù romana non sopportando l'insulto pensò ad agire. Per fare in modo che arrivasse il momento propizio per l'atto di forza, Romolo organizza dei solenni giochi equestri per Nettuno che chiama Consuali. Ordina che siano avvisati i popoli vicini; i romani fanno divulgazione con tutti i mezzi a disposizione per rendere la cosa famosa. Molti uomini arrivarono anche per vedere la nuova città, soprattutto dai popoli vicini [...] anche i Sabini con i figli e le mogli. Accolti in maniera ospitale nelle case romane, dopo aver visto le mura e gli apparati difensivi, rimangono stupiti della crescita della città. Quando arriva il tempo dello spettacolo, ecco che scoppia un tumulto e la gioventù romana comincia rapire le vergini, anche le prime che trovano; altre considerate bellissime e quindi destinate ai senatori vengono prese da dei plebei incaricati dagli stessi senatori di prendere le donne per loro. Una che più di tutte era considerata bella, rapita da un gruppo di persone, siccome in molti chiedevano il perché del rapimento, costoro rispondono che era per Talassio."
Talassio divenne in epoca successiva un'esclamazione tipica nei matrimoni.
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martedì 9 agosto 2011
Ab Urbe Condita - La conquista delle donne
mercoledì 11 maggio 2011
Ab Urbe Condita - Furio Camillo e il maestro di Faleri
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Furio Camillo e il maestro di Faleri
I romani stanno combattendo i Falisci; pesa molto il tema della Fides. Fulvio ha la possibilità di vincere slealmente la guerra ma rifiuta; i nemici ammirati dal gesto si arrendono alla potente e giustezza dei romani.
"I Falisci erano abituati a servirsi di uno stesso maestro per i loro figli e perciò nello stesso momento, il che ancora oggi rimane in Grecia, più bambini erano affidati ad una sola persona. I figli dei potenti avevano il maestro che era considerato migliore per la sua conoscenza. Questo maestro aveva l'abitudine di portare all'aperto i ragazzi perché facessero anche movimento e non smise neanche in tempo di guerra quest'abitudine; portandoli fuori dalle mura una volta più lontano una volta più vicino e alternando lezioni al gioco, un giorno li portò più avanti del solito arrivando fino alle stazioni dei romani e da li portò i ragazzi a Furio Camillo. Lì, difronte a Camillo, aggiunse allo scellerato delitto un discorso ancora più scellerato dicendo di aver consegnato la città di Faleri poiché aveva appena consegnato i figli di coloro che avevano in mano la città. Quando Camillo udì questo disse: << tu non sei venuto con il tuo dono scellerato, da un comandante simile a te in comportamento. Noi non abbiamo con i fallisci il vincolo di alleanza, ma quei patti che la natura istituisce tra i popoli ci sono tra di noi e rimarranno. " (lealtà, rispetto,...) " Vi sono regole sia in pace che in guerra e noi abbiamo imparato a rispettarle non meno giustamente che con forza. Abbiamo preso le armi, non contro quell'età che viene rispettata anche quando la città è catturata, ma contro coloro che con armi hanno assalito i campi romani presso i Veienti. Tu per quanto sei stato capace hai vinto i tuoi compatrioti con un delitto mai udito prima, io li vincerò con le armi dei romani, con la virtù e la forza come ho fatto con i Veienti >>. Quindi dopo averlo denudato e legato, lo consegnò ai ragazzi perché lo riportassero a Faleri; diede loro inoltre delle verghe con le quali lo frustassero fino al ritorno in città."
I romani devono 'conquistare e regolamentare il mondo' (Virgilio) e lo fanno nel modo più corretto.
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Furio Camillo e il maestro di Faleri
I romani stanno combattendo i Falisci; pesa molto il tema della Fides. Fulvio ha la possibilità di vincere slealmente la guerra ma rifiuta; i nemici ammirati dal gesto si arrendono alla potente e giustezza dei romani.
"I Falisci erano abituati a servirsi di uno stesso maestro per i loro figli e perciò nello stesso momento, il che ancora oggi rimane in Grecia, più bambini erano affidati ad una sola persona. I figli dei potenti avevano il maestro che era considerato migliore per la sua conoscenza. Questo maestro aveva l'abitudine di portare all'aperto i ragazzi perché facessero anche movimento e non smise neanche in tempo di guerra quest'abitudine; portandoli fuori dalle mura una volta più lontano una volta più vicino e alternando lezioni al gioco, un giorno li portò più avanti del solito arrivando fino alle stazioni dei romani e da li portò i ragazzi a Furio Camillo. Lì, difronte a Camillo, aggiunse allo scellerato delitto un discorso ancora più scellerato dicendo di aver consegnato la città di Faleri poiché aveva appena consegnato i figli di coloro che avevano in mano la città. Quando Camillo udì questo disse: << tu non sei venuto con il tuo dono scellerato, da un comandante simile a te in comportamento. Noi non abbiamo con i fallisci il vincolo di alleanza, ma quei patti che la natura istituisce tra i popoli ci sono tra di noi e rimarranno. " (lealtà, rispetto,...) " Vi sono regole sia in pace che in guerra e noi abbiamo imparato a rispettarle non meno giustamente che con forza. Abbiamo preso le armi, non contro quell'età che viene rispettata anche quando la città è catturata, ma contro coloro che con armi hanno assalito i campi romani presso i Veienti. Tu per quanto sei stato capace hai vinto i tuoi compatrioti con un delitto mai udito prima, io li vincerò con le armi dei romani, con la virtù e la forza come ho fatto con i Veienti >>. Quindi dopo averlo denudato e legato, lo consegnò ai ragazzi perché lo riportassero a Faleri; diede loro inoltre delle verghe con le quali lo frustassero fino al ritorno in città."
I romani devono 'conquistare e regolamentare il mondo' (Virgilio) e lo fanno nel modo più corretto.
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venerdì 6 maggio 2011
Ab Urbe Condita - Clelia e Porsenna
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La virtù di Clelia e il re etrusco Porsenna
"Lasciato Muzio a cui venne dato il cognome Scevola (perché era mancino poiché aveva bruciato la mano destra) furono mandati a Roma ambasciatori; aveva spaventato Porsenna con il pericolo che sarebbe potuto morire e successivamente il rischio di altri attentatori. E il re etrusco offrì la pace ai romani. Tra le condizioni messe sul tavolo la condizione di rimettere i Tarquini al potere più perché Porsenna non aveva potuto negare ciò ai Tarquini, nonostante sapesse che i romani non avrebbero accettato. Si richiese la restituzione dell'agro dei Veienti, si strappò ai romani degli ostaggi per togliere il presidio dal Gianicolo. Definita la pace, Porsenna portò via l'esercito dal Gianicolo e dall'assedio. A motivo del suo valore i senatori donarono un terreno a Muzio al di là del Tevere, chiamati poi i prati Muzii. Onorato Scevola, anche le donne vennero spinte al riconoscimento pubblico, e una di nome Clelia data come ostaggio, poiché l'accampamento era vicino al Tevere, ingannati custodi, comandò un gruppo di donne e attraversarono il Tevere tra le frecce dei nemici e restituì ai parenti le donne. Quando il re Porsenna lo seppe mandò ambasciatori a Roma per chiedere Clelia, non le altre. Poi però cambia idea per ammirazione, cominciò a dire che l'affronto era superiore alle altre azioni finora subite e decise che se non avrebbe avuto Clelia l'accordo di pace decadeva ma che invece se avesse avuto l'ostaggio l'avrebbe subito restituito. La parola data fu rispettata da entrambi; i romani restituirono l'ostaggio che fu onorato e sicuro per la sua virtù presso il re che fece liberare anche altri ostaggi scelti da lei. Portati di fronte a lei scelse i più giovani, sia perché si addiceva alla sua verginità e giovinezza sia per togliere al nemico i più deboli. Ripristinata la pace, i romani donarono a questa nuova virtù di donna una nuova onorificenza: una statua equestre; al culmine della strada sacra venne collocata la statua di una donna cavallo."
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La virtù di Clelia e il re etrusco Porsenna
"Lasciato Muzio a cui venne dato il cognome Scevola (perché era mancino poiché aveva bruciato la mano destra) furono mandati a Roma ambasciatori; aveva spaventato Porsenna con il pericolo che sarebbe potuto morire e successivamente il rischio di altri attentatori. E il re etrusco offrì la pace ai romani. Tra le condizioni messe sul tavolo la condizione di rimettere i Tarquini al potere più perché Porsenna non aveva potuto negare ciò ai Tarquini, nonostante sapesse che i romani non avrebbero accettato. Si richiese la restituzione dell'agro dei Veienti, si strappò ai romani degli ostaggi per togliere il presidio dal Gianicolo. Definita la pace, Porsenna portò via l'esercito dal Gianicolo e dall'assedio. A motivo del suo valore i senatori donarono un terreno a Muzio al di là del Tevere, chiamati poi i prati Muzii. Onorato Scevola, anche le donne vennero spinte al riconoscimento pubblico, e una di nome Clelia data come ostaggio, poiché l'accampamento era vicino al Tevere, ingannati custodi, comandò un gruppo di donne e attraversarono il Tevere tra le frecce dei nemici e restituì ai parenti le donne. Quando il re Porsenna lo seppe mandò ambasciatori a Roma per chiedere Clelia, non le altre. Poi però cambia idea per ammirazione, cominciò a dire che l'affronto era superiore alle altre azioni finora subite e decise che se non avrebbe avuto Clelia l'accordo di pace decadeva ma che invece se avesse avuto l'ostaggio l'avrebbe subito restituito. La parola data fu rispettata da entrambi; i romani restituirono l'ostaggio che fu onorato e sicuro per la sua virtù presso il re che fece liberare anche altri ostaggi scelti da lei. Portati di fronte a lei scelse i più giovani, sia perché si addiceva alla sua verginità e giovinezza sia per togliere al nemico i più deboli. Ripristinata la pace, i romani donarono a questa nuova virtù di donna una nuova onorificenza: una statua equestre; al culmine della strada sacra venne collocata la statua di una donna cavallo."
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Ab Urbe Condita - Muzio Scevola
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Il sacrificio di Muzio Scevola
Muzio è un soldato nobile che vede Roma assediata in epoca repubblicana; non vuole che la città subisca una vergogna del genere. C'è una specie di "cultura della vergogna" simile a quella omerica.
Prima di compiere l'atto avvisa i senatori per non essere preso per disertore (uscirà dalla città per uccidere Porsenna il re avversario); nel momento fatidico però sbaglia e uccide il segretario del re al posto del re. Di fronte al tribunale del re, Scevola minaccia Porsenna e per confermare la sua forza d'animo si brucia la mano. Il re rimane impressionato dal valore del soldato e lo lascia andare.
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Il sacrificio di Muzio Scevola
Muzio è un soldato nobile che vede Roma assediata in epoca repubblicana; non vuole che la città subisca una vergogna del genere. C'è una specie di "cultura della vergogna" simile a quella omerica.
Prima di compiere l'atto avvisa i senatori per non essere preso per disertore (uscirà dalla città per uccidere Porsenna il re avversario); nel momento fatidico però sbaglia e uccide il segretario del re al posto del re. Di fronte al tribunale del re, Scevola minaccia Porsenna e per confermare la sua forza d'animo si brucia la mano. Il re rimane impressionato dal valore del soldato e lo lascia andare.
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giovedì 5 maggio 2011
Ab Urbe Condita - Lucrezia: una matrona esemplare
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Una matrona esemplare
L'atto di Tarquinio figlio porterà alla fine della monarchia. I romani sono durante l'assedio di Ardea.
"La cosa si tentò per vedere se la città poteva essere presa al primo assalto; ma quando si vide la difficoltà, i nemici furono attaccati con assedio. In questa situazione di stallo, nella condizione di una guerra lunga e aspra, le licenze dei soldati erano libere soprattutto per gli ufficiali: in particolare i giovani reali erano spesso in baldoria. Mentre casualmente un giorno questi bevevano presso Sesto Tarquinio in occasione di un banchetto in cui c'era anche Collatino (marito di Lucrezia), capitò che si parlasse delle mogli; ognuno lodava la propria moglie con ottime descrizioni. A questo punto, incitato dalla gara retorica, Collatino nega che ci sia bisogno di parlare tanto, basta andare a vedere sua moglie; in poche ore si può sapere quanto Lucrezia sorpassi tutte le altre. Afferma che se i cavalieri sono nel pieno del vigore perché non si sale a cavallo e si vanno a verificare i propri discorsi? Ciò che si vedrà sarà la verifica del comportamento delle mogli colte di sorpresa. Erano mossi dal vino e risposero affermativamente. Corrono fino a Roma. Arrivati mentre calavano le tenebre, si recano a Collazia dove incontrano Lucrezia in maniera molto diverso da come avevano trovato le donne della famiglia reale: lavorava con la lana in mezzo alle ancelle al centro della stanza. Il marito vincitore invita gli altri a restare. A questo punto un desiderio di stuprare Lucrezia invase Sesto Tarquinio poiché non solo la bellezza ma anche la sua castità lo incitava. Dopo la notte i ragazzi tornano all'accampamento."
La tragica fine
Sesto Tarquinio minaccia con una spada Lucrezia. Lui la supplica di cedere poi la minaccia di metterla in disonore mettendo su una scena (avrebbe fatto finta che fosse stato un servo a disonorarla). Finita l'azione di Tarquinio, Lucrezia nei giorni seguenti accusa Sesto Tarquinio agli altri. Lei vuole suicidarsi, il marito cercherà di farla ragionare ma alla fine non riuscirà a fermarla.
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giovedì 21 aprile 2011
Ab Urbe Condita - Prefazione all'opera
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Prefazione all'opera
Ci sono scrittori che cercano la verità dei fatti e coloro che semplicemente li raccontano; Livio ricade nella seconda categoria. Livio sa che i lettori sono poco interessati alla storia antica ma lui vuole dedicarsi anche quella per distogliere l'attenzione dalle guerre civili del tempo contemporaneo lui. A Livio non interessa quale storia è più attendibile; quindi con le leggende antiche si comporta in modo da selezionare quella che è più romanzabile. Livio è caratterizzato anche da una forte moralità; non ha molta fiducia nemmeno sulla durata di un impero così grande nonostante il valore dei romani. La sua opera è caratterizzata dagli "exempla" che forniscono modelli di vita per migliorare questo periodo di decadenza (modelli da evitare o seguire). La corruzione a Roma secondo Livio è arrivata più tardi che in altri popoli.
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Prefazione all'opera
Ci sono scrittori che cercano la verità dei fatti e coloro che semplicemente li raccontano; Livio ricade nella seconda categoria. Livio sa che i lettori sono poco interessati alla storia antica ma lui vuole dedicarsi anche quella per distogliere l'attenzione dalle guerre civili del tempo contemporaneo lui. A Livio non interessa quale storia è più attendibile; quindi con le leggende antiche si comporta in modo da selezionare quella che è più romanzabile. Livio è caratterizzato anche da una forte moralità; non ha molta fiducia nemmeno sulla durata di un impero così grande nonostante il valore dei romani. La sua opera è caratterizzata dagli "exempla" che forniscono modelli di vita per migliorare questo periodo di decadenza (modelli da evitare o seguire). La corruzione a Roma secondo Livio è arrivata più tardi che in altri popoli.
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Introduzione a Tito Livio
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Tito Livio
Nasce a Padova nel 59 a.C. da famiglia piuttosto nobile; non sappiamo molto della sua vita. Nel 25 a.C. comincia a scrivere "ab urbe condita libri" un'opera monumentale con cui Livio viene riconosciuto il più grande storico di Roma. L'opera era di 142 libri ma ce ne sono arrivati solo 35 (circa metà della letteratura latina sopravvissuta). Altri autori fecero riassunti dei libri di Livio ("Epitomi", "Periochae" sono arrivati a noi) che hanno fatto sopravvivere l'opera di Livio in forma ridotta. I libri sono organizzati in decadi.
Possediamo la prima decade, la terza che parla della seconda guerra punica fino al 45º che parla dei greci. La forma dell'opera non è storiografica ma romanzata cucendo parti mancanti con storie di altri storici greci. La geografia e la descrizione delle battaglie sono abbastanza imprecise. Varia spesso il tono della narrazione con grande abilità; i contemporanei notavano che usava un dialetto patavinico in certe parti.
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Tito Livio
Nasce a Padova nel 59 a.C. da famiglia piuttosto nobile; non sappiamo molto della sua vita. Nel 25 a.C. comincia a scrivere "ab urbe condita libri" un'opera monumentale con cui Livio viene riconosciuto il più grande storico di Roma. L'opera era di 142 libri ma ce ne sono arrivati solo 35 (circa metà della letteratura latina sopravvissuta). Altri autori fecero riassunti dei libri di Livio ("Epitomi", "Periochae" sono arrivati a noi) che hanno fatto sopravvivere l'opera di Livio in forma ridotta. I libri sono organizzati in decadi.
Possediamo la prima decade, la terza che parla della seconda guerra punica fino al 45º che parla dei greci. La forma dell'opera non è storiografica ma romanzata cucendo parti mancanti con storie di altri storici greci. La geografia e la descrizione delle battaglie sono abbastanza imprecise. Varia spesso il tono della narrazione con grande abilità; i contemporanei notavano che usava un dialetto patavinico in certe parti.
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