Niccolò Machiavelli - Discorsi sulla prima Deca di Tito Livio, Religione e Politica
Le leggi sulla religione sono giustificate dalla volontà di Dio poichè il re non poteva spiegarne il vero motivo; a quel tempo però la società era più religiosa e quindi era più facile ingannarla. Ai tempi di Machiavelli per creare una repubblica si sarebbe dovuto andare tra i montanari poichè più rozzi e quindi con più possibilità di miglioramento. La religione quindi è un mezzo per gestire uno stato. I sudditi devono aver timore di una divinità che religiosamente è gestita dallo stato. Il principe inoltre deve pensare anche al futuro dello stato perchè sopravviva alla sua morte. A Firenze molti credevano a Savonarola nonostante non avessero prove e così i cittadini si credevano intelligenti. Per Machiavelli la Chiesa romana non è la fortuna dell'Italia: a causa della corruzione gli italiani hanno perso la religione e sono diventati malvagi; inoltre la Chiesa ha uno stato temporale che è troppo debole per unificare l'Italia ma abbastanza forte da impedire ad altri di unificarla. Se l'Italia è debole è per colpa della Chiesa romana. Se si mandasse la Chiesa in Svizzera (che in quel tempo era molto ligia e religiosa), questa si sfracellerebbe. La religione è una cosa troppo seria per la Chiesa (sembra affermare Machiavelli).
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mercoledì 31 agosto 2011
martedì 30 agosto 2011
Introduzione ai "Discorsi sulla prima Deca di Tito Livio" di Machiavelli
Niccolò Machiavelli - Discorsi sulla prima Deca di Tito Livio
Machiavelli commenta questi primi dieci libri con suoi pensieri e analogie con il presente (passaggio monarchia-repubblica). Un esempio è il riferimento a Numa Pompilio (secondo re di Roma) che ordinò la religione romana: perchè un sovrano si interessa alla religiosità? e in questo modo parla dell'influenza del papa nella società contemporanea a lui.
Machiavelli commenta questi primi dieci libri con suoi pensieri e analogie con il presente (passaggio monarchia-repubblica). Un esempio è il riferimento a Numa Pompilio (secondo re di Roma) che ordinò la religione romana: perchè un sovrano si interessa alla religiosità? e in questo modo parla dell'influenza del papa nella società contemporanea a lui.
Machiavelli: i caratteri della fortuna
Niccolò Machiavelli - Virtù e fortuna
La fortuna può sempre cambiare i piani degli uomini; i cristiani sopportano ciò sperando in un bene superiore dopo la morte. A questo punto sorgono alcune domande: il male deriva quindi dal caso? In tutto questo che parte ha la nostra razionalità? Molti sanno che esiste questo ruolo della fortuna e quindi c'è la credenza che non sia gestibile. Esiste però il libero arbitrio: secondo l'autore metà delle azioni le governa la fortuna, l'altra metà le condizioniamo noi. La fortuna viene paragonata ad una piena di un fiume: non si può controllare nel momento dell'onda principale ma si può gestire con opere artificiali precedenti (argini, canali...).
I grandi paesi europei hanno fatto opere di unificazione che prevengono problemi come le guerre civili mentre in Italia si è pensato soprattutto alle arti e i risultati politici sono evidenti. Il principe non può basarsi solo sul favore della fortuna poichè appena esso muta, il principe cade. Gli scopi dei principi sono solo gloria e ricchezza. Il comportamento di un principe può essere più o meno adeguato alla realtà effettuale del contesto; di solito se si vede che in una situazione un certo comportamento è produttivo lo si mantiene. Un prudente pensando troppo perde l'attimo mentre un coraggioso o impulsivo riesce a cogliere l'attimo. Uno coraggioso era papa Giulio II che fu fortunato a trovare la situazione adeguata per il suo carattere; l'importante è far diventare prudenti gli altri facendo cose inaspettate (agendo anche impulsivamente). Bisogna essere pronti ad adattarsi ai cambiamenti di situazione quindi non bisogna essere troppo intransigenti in certi valori. La fortuna è donna e come tale è amica dei giovani poichè sono impulsivi; è vero anche che se necessario va picchiata (gestita, manovrata).
La fortuna può sempre cambiare i piani degli uomini; i cristiani sopportano ciò sperando in un bene superiore dopo la morte. A questo punto sorgono alcune domande: il male deriva quindi dal caso? In tutto questo che parte ha la nostra razionalità? Molti sanno che esiste questo ruolo della fortuna e quindi c'è la credenza che non sia gestibile. Esiste però il libero arbitrio: secondo l'autore metà delle azioni le governa la fortuna, l'altra metà le condizioniamo noi. La fortuna viene paragonata ad una piena di un fiume: non si può controllare nel momento dell'onda principale ma si può gestire con opere artificiali precedenti (argini, canali...).
I grandi paesi europei hanno fatto opere di unificazione che prevengono problemi come le guerre civili mentre in Italia si è pensato soprattutto alle arti e i risultati politici sono evidenti. Il principe non può basarsi solo sul favore della fortuna poichè appena esso muta, il principe cade. Gli scopi dei principi sono solo gloria e ricchezza. Il comportamento di un principe può essere più o meno adeguato alla realtà effettuale del contesto; di solito se si vede che in una situazione un certo comportamento è produttivo lo si mantiene. Un prudente pensando troppo perde l'attimo mentre un coraggioso o impulsivo riesce a cogliere l'attimo. Uno coraggioso era papa Giulio II che fu fortunato a trovare la situazione adeguata per il suo carattere; l'importante è far diventare prudenti gli altri facendo cose inaspettate (agendo anche impulsivamente). Bisogna essere pronti ad adattarsi ai cambiamenti di situazione quindi non bisogna essere troppo intransigenti in certi valori. La fortuna è donna e come tale è amica dei giovani poichè sono impulsivi; è vero anche che se necessario va picchiata (gestita, manovrata).
lunedì 29 agosto 2011
Interpretare le affermazioni di Machiavelli
Riflessioni sull'autore
Machiavelli non afferma che il fine giustifica i mezzi; anzi questo è il concetto della Chiesa (che uccide gli eretici per una giusta causa). Egli non afferma che mantenere il potere sia un valore morale ma, solo un fatto di "intelligenza". Per Machiavelli, se qualcuno vuole essere un buon principe (che mantiene il potere) sa che una volta morto andrà nell'inferno per le azioni malvagie che ha dovuto commettere.
Machiavelli non afferma che il fine giustifica i mezzi; anzi questo è il concetto della Chiesa (che uccide gli eretici per una giusta causa). Egli non afferma che mantenere il potere sia un valore morale ma, solo un fatto di "intelligenza". Per Machiavelli, se qualcuno vuole essere un buon principe (che mantiene il potere) sa che una volta morto andrà nell'inferno per le azioni malvagie che ha dovuto commettere.
Il comportamento dei principi secondo Machiavelli
Niccolò Machiavelli - La lealtà dei principi
La lealtà è il rispetto della parola data. I principi devono in teoria rispettare la parola data però molti che se ne sono volontariamente dimenticati e che hanno aggirato con astuzia gli ostacoli governano bene e mantengono saldo il potere, mentre altri leali cadono. Molti scrittori dicono che gli antichi principi Achei venivano educati dal centauro Chirone, mezza bestia e mezzo uomo poichè un principe deve saper usare sia la bestialità che l'umanità: viene analizzata la bestialità. Bisogna prendere esempio dalla volpe e dal leone (debole ma furba, forte ma poco furbo) per aver sia forza che astuzia. Se nel momento in cui si è data la parola c'erano circostanze favorevoli a mantenerla, ma queste circostanze cambiano bisogna essere astuti e quindi non essere leali. Dopo averla infranta bisogna trovare delle buone motivazioni propagandistiche. Se un principe vuole ingannare qualcuno, troverà sempre qualcuno che si faccia ingannare (Goebels disse: "una menzogna è una menzogna; se la dico un milione di volte è la verità"). Il papa Alessandro VI usò l'abilità di non essere leale molto a suo vantaggio. Un principe basta che sembri che possieda le virtù non che le possieda realmente; anzi le virtù positive molte volte possono rivoltarsi contro: è meglio fingere di averle e usarle a proprio piacimento. Se si può stare nel bene è meglio farlo ma, se serve entrare nel male bisogna farlo. Il principe deve essere soprattutto religioso quindi amico della Chiesa (altro sistema di potere). Gli uomini vedono ciò che appare e quindi si possono far intendere positive azioni in realtà negative. La maggioranza delle persone si fa ingannare dalla propaganda. Il re di Spagna è un esempio di contraddizione estrema tra i fatti concreti e ciò che predica con la sua propaganda.
La lealtà è il rispetto della parola data. I principi devono in teoria rispettare la parola data però molti che se ne sono volontariamente dimenticati e che hanno aggirato con astuzia gli ostacoli governano bene e mantengono saldo il potere, mentre altri leali cadono. Molti scrittori dicono che gli antichi principi Achei venivano educati dal centauro Chirone, mezza bestia e mezzo uomo poichè un principe deve saper usare sia la bestialità che l'umanità: viene analizzata la bestialità. Bisogna prendere esempio dalla volpe e dal leone (debole ma furba, forte ma poco furbo) per aver sia forza che astuzia. Se nel momento in cui si è data la parola c'erano circostanze favorevoli a mantenerla, ma queste circostanze cambiano bisogna essere astuti e quindi non essere leali. Dopo averla infranta bisogna trovare delle buone motivazioni propagandistiche. Se un principe vuole ingannare qualcuno, troverà sempre qualcuno che si faccia ingannare (Goebels disse: "una menzogna è una menzogna; se la dico un milione di volte è la verità"). Il papa Alessandro VI usò l'abilità di non essere leale molto a suo vantaggio. Un principe basta che sembri che possieda le virtù non che le possieda realmente; anzi le virtù positive molte volte possono rivoltarsi contro: è meglio fingere di averle e usarle a proprio piacimento. Se si può stare nel bene è meglio farlo ma, se serve entrare nel male bisogna farlo. Il principe deve essere soprattutto religioso quindi amico della Chiesa (altro sistema di potere). Gli uomini vedono ciò che appare e quindi si possono far intendere positive azioni in realtà negative. La maggioranza delle persone si fa ingannare dalla propaganda. Il re di Spagna è un esempio di contraddizione estrema tra i fatti concreti e ciò che predica con la sua propaganda.
domenica 28 agosto 2011
Temere il principe, il potere per Machiavelli
Niccolò Machiavelli - Essere amati o temuti
Sulla crudeltà e sulla pietà, e se è meglio essere amato o temuto.
Il principe in teoria dovrebbe essere pietoso ma non deve usare male la pietà. Prende come esempio Cesare Borgia che con la crudeltà teneva in piedi uno stato nuovo, mentre i fiorentini avevano difficoltà. Il principe non deve preoccuparsi dell'infamia; se ci sono dei disordini si prendono dei responsabili e si fanno finire le confusioni salvaguardando la sicurezza dei più. Però prima di amazzare i responsabili bisogna essere sicuri di ciò che si stà facendo e che le conseguenze non siano peggiori della situazione iniziale. Sarebbe bene essere sia amati che temumti ma in mancanza di una è meglio essere temuti. Quando il principe può concedere cose tutti lo amano; quando ha bisogno di qualcosa per se, i sudditi spariscono. Se il potere si salda sul timore invece i sudditi avranno paura a disobbedire; quindi è meglio essere temuti per mantenere il potere. Timore non vuol dire odio ma se il principe comincia a prendere i soldi i sudditi lo odieranno (si dimentica prima la morte del padre che il fatto che qualcuno ci ha preso dei soldi). In guerra il principe deve essere al massimo crudele (come lo era Annibale con il suo esercito) perchè altrimenti non si riuscirebbero ad evitare eventuali rivolte.
Sulla crudeltà e sulla pietà, e se è meglio essere amato o temuto.
Il principe in teoria dovrebbe essere pietoso ma non deve usare male la pietà. Prende come esempio Cesare Borgia che con la crudeltà teneva in piedi uno stato nuovo, mentre i fiorentini avevano difficoltà. Il principe non deve preoccuparsi dell'infamia; se ci sono dei disordini si prendono dei responsabili e si fanno finire le confusioni salvaguardando la sicurezza dei più. Però prima di amazzare i responsabili bisogna essere sicuri di ciò che si stà facendo e che le conseguenze non siano peggiori della situazione iniziale. Sarebbe bene essere sia amati che temumti ma in mancanza di una è meglio essere temuti. Quando il principe può concedere cose tutti lo amano; quando ha bisogno di qualcosa per se, i sudditi spariscono. Se il potere si salda sul timore invece i sudditi avranno paura a disobbedire; quindi è meglio essere temuti per mantenere il potere. Timore non vuol dire odio ma se il principe comincia a prendere i soldi i sudditi lo odieranno (si dimentica prima la morte del padre che il fatto che qualcuno ci ha preso dei soldi). In guerra il principe deve essere al massimo crudele (come lo era Annibale con il suo esercito) perchè altrimenti non si riuscirebbero ad evitare eventuali rivolte.
La verità effettuale secondo Machiavelli
Niccolò Machiavelli - La <<verità effettuale>>
Di quelle cose per le quali gli uomini e per di più i principi sono lodati o venerati.
Premette da subito che lui dirà il contrario di ciò che era stato detto fin ad allora; nel medioevo infatti si pensava all'ideale migliore di principe. Machiavelli dice da subito che bisogna pensare a come stanno le cose nella realtà e non nella fantasia; lo scopo principale di un principe è mantenere il potere: se si è circondati da malvagi bisogna tenerne conto e comportarsi di conseguenza. Il principe deve esserecapace di essere buono oppure cattivo a seconda del contesto per mantenere il potere. E' un ragionamento amorale: la morale è un aspetto secondario; non è però immorale. Non si può pretendere che un principe abbia tutte le virtù. Per le qualità negative deve considerare: se può evitarle le eviti altrimenti se le tenga (sempre che non ostacolino il potere); se una qualità negativa è utile al potere deve esercitarla.
Di quelle cose per le quali gli uomini e per di più i principi sono lodati o venerati.
Premette da subito che lui dirà il contrario di ciò che era stato detto fin ad allora; nel medioevo infatti si pensava all'ideale migliore di principe. Machiavelli dice da subito che bisogna pensare a come stanno le cose nella realtà e non nella fantasia; lo scopo principale di un principe è mantenere il potere: se si è circondati da malvagi bisogna tenerne conto e comportarsi di conseguenza. Il principe deve esserecapace di essere buono oppure cattivo a seconda del contesto per mantenere il potere. E' un ragionamento amorale: la morale è un aspetto secondario; non è però immorale. Non si può pretendere che un principe abbia tutte le virtù. Per le qualità negative deve considerare: se può evitarle le eviti altrimenti se le tenga (sempre che non ostacolino il potere); se una qualità negativa è utile al potere deve esercitarla.
sabato 27 agosto 2011
Introduzione al Principe di Machiavelli
Niccolò Machiavelli - Il progetto del Principe
Il primo capitolo del libro è lungo 7 righe; segue uno schema logico conciso e lineare. Gli stati sono o Repubbliche o Principati; questi ultimi sono ereditari (ereditati dal padre, parte che non interessa a Machiavelli) o nuovi (un signore prende possesso di una città); i nuovo possono essere o "del tutto nuovi" (Francesco Sforza che prima non era principe) o "membri aggiunti" (il re di Spagna è già principe quando conquista Napoli). Tra i nuovi ci sono altre categorie: quelli con un popolo abituato ad un principe (governo più facile) o abituato ad essere libero; quelli conquistati con armi proprie o quelli con armi altrui; quelli conquistati per fortuna o per virtù.
Il primo capitolo del libro è lungo 7 righe; segue uno schema logico conciso e lineare. Gli stati sono o Repubbliche o Principati; questi ultimi sono ereditari (ereditati dal padre, parte che non interessa a Machiavelli) o nuovi (un signore prende possesso di una città); i nuovo possono essere o "del tutto nuovi" (Francesco Sforza che prima non era principe) o "membri aggiunti" (il re di Spagna è già principe quando conquista Napoli). Tra i nuovi ci sono altre categorie: quelli con un popolo abituato ad un principe (governo più facile) o abituato ad essere libero; quelli conquistati con armi proprie o quelli con armi altrui; quelli conquistati per fortuna o per virtù.
L'esilio di Machiavelli
Niccolò Machiavelli - L'umiltà del fango del confino
Siamo nel 1513, Machiavelli ha finito il tempo del confino (al di fuori Firenze) ma decide di rimanere lo stesso in una sua casetta di campagna. Scrive una lettera ad un suo amico a Roma presso il Papa in cui racconta della sua situazione e che ha finito di scrivere "Il Principe". Nonostante non sia un'opera letteraria si sente la qualità della scrittura. Visto che le lettere erano facilmente smarribili dai corrieri le prime righe servivano di solito per fare il punto della situazione delle lettere ricevute ed inviate.
Machiavelli tira nel discorso la "Fortuna", ovvero quelle cose che non si possono controllare ma che ti possono cambiare la vita, per spiegare la sua situazione. Si parla dei piccoli episodi delle giornate che gli mantengono il cervello sveglio; nella sua giornata c'è anche spazio per le letture di Dante e Petrarca: c'è un contrasto evidente tra le azioni di intelletto e quelle all'osteria. Alla sera c'è il momento per lui centrale in cui dialoga nel suo studio con gli antichi autori dopo aver smesso i vestiti sporchi del giorno e ne indossa altri degni di una corte reale.
Questa lettera è importante poichè sottolinea lo stretto rapporto che per l'autore la realtà concreta ha con la cultura classica; realtà effettuale: non bisogna analizzare l'ideale di un concetto ma ciò che è nella concretezza. Cita Dante per dire che "non si è letto un libro se non lo si è capito", questo per introdurre il "De Principatibus" e subito dopo il titolo trascrive quasi fedelmente le prime righe del libro. Non può andare a trovare il suo amico a Roma perchè una volta lì dovrebbe incontrare nemici della famiglia Medici che se venisse a sapere dell'incontro, una volta che Machiavelli fosse tornato a Firenze, lo imprigionerebbe. Quindi chide al suo amico se quella famiglia nemica dei Medici sia a Roma che in caso potrebbe andare a trovarlo. Machiavelli continua dicendo che i Medici dovrebbero servirsi della sua esperienza sul campo cominciando anche dai lavori più umili ("voltolare un sasso": prendere un sasso asciutto, gettarlo nel fiume e tirarlo fuori bagnato).
Siamo nel 1513, Machiavelli ha finito il tempo del confino (al di fuori Firenze) ma decide di rimanere lo stesso in una sua casetta di campagna. Scrive una lettera ad un suo amico a Roma presso il Papa in cui racconta della sua situazione e che ha finito di scrivere "Il Principe". Nonostante non sia un'opera letteraria si sente la qualità della scrittura. Visto che le lettere erano facilmente smarribili dai corrieri le prime righe servivano di solito per fare il punto della situazione delle lettere ricevute ed inviate.
Machiavelli tira nel discorso la "Fortuna", ovvero quelle cose che non si possono controllare ma che ti possono cambiare la vita, per spiegare la sua situazione. Si parla dei piccoli episodi delle giornate che gli mantengono il cervello sveglio; nella sua giornata c'è anche spazio per le letture di Dante e Petrarca: c'è un contrasto evidente tra le azioni di intelletto e quelle all'osteria. Alla sera c'è il momento per lui centrale in cui dialoga nel suo studio con gli antichi autori dopo aver smesso i vestiti sporchi del giorno e ne indossa altri degni di una corte reale.
Questa lettera è importante poichè sottolinea lo stretto rapporto che per l'autore la realtà concreta ha con la cultura classica; realtà effettuale: non bisogna analizzare l'ideale di un concetto ma ciò che è nella concretezza. Cita Dante per dire che "non si è letto un libro se non lo si è capito", questo per introdurre il "De Principatibus" e subito dopo il titolo trascrive quasi fedelmente le prime righe del libro. Non può andare a trovare il suo amico a Roma perchè una volta lì dovrebbe incontrare nemici della famiglia Medici che se venisse a sapere dell'incontro, una volta che Machiavelli fosse tornato a Firenze, lo imprigionerebbe. Quindi chide al suo amico se quella famiglia nemica dei Medici sia a Roma che in caso potrebbe andare a trovarlo. Machiavelli continua dicendo che i Medici dovrebbero servirsi della sua esperienza sul campo cominciando anche dai lavori più umili ("voltolare un sasso": prendere un sasso asciutto, gettarlo nel fiume e tirarlo fuori bagnato).
venerdì 26 agosto 2011
Introduzione al personaggio di Machiavelli
Niccolò Machiavelli
Si occupa di politica, arti militari, questioni storiche.
Nasce nel 1469 da padre notaio, ma di lui non sappiamo molto. Nelle "cronache" lo ritroviamo nel 1498 dopo la morte di Lorenzo de' Medici (1492) coautore della stabilità in Italia. Nel 1494 arriva Carlo VIII e iniziano le guerre in Italia e la casata de' Medici Fiorentini perde il suo potere. Si formano 2 fazioni: quella dei nobili e quella dei piagnoni (sostenitori di Girolamo Savonarola, frate che costituisce un suo regime quasi teocratico). Machiavelli in questo clima diventa segretario della Cancelleria della Repubblica; Savonarola viene giustiziato.
Ci sono rimaste soprattutto le opere di carattere diplomatico. Nel 1512 i Medici tornano al potere con l'aiuto dell'impero e la repubblica a Firenze cade e Machiavelli in quanto ex-funzionario cade in disgrazia e viene messo ai margini e viene accusato di aver fatto parte di una congiura contro i Medici: lui non ne sapeva niente poichè il suo nome lo aveva fatto un congiurato che avrebbe voluto rivolgersi a lui (in futuro). Nel dubbio le autorità lo prendono, incarcerano e torturano e alla fine lo esiliano. In questo periodo difficile però Machiavelli con la carriera politica distrutta scrive le sue due opere più importanti: i "Discorsi sulla prima deca di Tito Livio" in cui analizza i primi 10 libri della storia di Roma (Fondazione, Monarchia, inizi della repubblica) mettendoli in parallelo con gli avvenimenti a lui contemporanei (per Machiavelli i classici antichi sono la chiave per capire il presente); l'altra opera è un libricino di un centinaio di pagine che si intitola "Il Principe" che è una riflessione sull'idea del principe ma soprattutto del potere. Uno degli scopi del "Principe" è quello di ritornare nelle grazie dei Medici (lo dedica a Giuliano de' Medici) e infatti anche grazie a questo ritorna lentamente nei circoli del potere; in questo periodo scrive anche un trattato sull'arte della guerra. In questi anni diventa papa Giovanni de' Medici (Leone X) che dovrà affrontare la riforma protestante.
Finalmente Machiavelli ritorna tra i potenti nel 1525 ma due anni più tardi la famiglia Medici cadrà un'altra volta e tornerà la Repubblica. Machiavelli viene preso ed esiliato poichè collaboratore dei Medici ma quest'ultima fase durerà poco poichè muore poco dopo.
E' stato un grande teorico della politica ma nella pratica non è riuscito a fare molto.
Si occupa di politica, arti militari, questioni storiche.
Nasce nel 1469 da padre notaio, ma di lui non sappiamo molto. Nelle "cronache" lo ritroviamo nel 1498 dopo la morte di Lorenzo de' Medici (1492) coautore della stabilità in Italia. Nel 1494 arriva Carlo VIII e iniziano le guerre in Italia e la casata de' Medici Fiorentini perde il suo potere. Si formano 2 fazioni: quella dei nobili e quella dei piagnoni (sostenitori di Girolamo Savonarola, frate che costituisce un suo regime quasi teocratico). Machiavelli in questo clima diventa segretario della Cancelleria della Repubblica; Savonarola viene giustiziato.
Ci sono rimaste soprattutto le opere di carattere diplomatico. Nel 1512 i Medici tornano al potere con l'aiuto dell'impero e la repubblica a Firenze cade e Machiavelli in quanto ex-funzionario cade in disgrazia e viene messo ai margini e viene accusato di aver fatto parte di una congiura contro i Medici: lui non ne sapeva niente poichè il suo nome lo aveva fatto un congiurato che avrebbe voluto rivolgersi a lui (in futuro). Nel dubbio le autorità lo prendono, incarcerano e torturano e alla fine lo esiliano. In questo periodo difficile però Machiavelli con la carriera politica distrutta scrive le sue due opere più importanti: i "Discorsi sulla prima deca di Tito Livio" in cui analizza i primi 10 libri della storia di Roma (Fondazione, Monarchia, inizi della repubblica) mettendoli in parallelo con gli avvenimenti a lui contemporanei (per Machiavelli i classici antichi sono la chiave per capire il presente); l'altra opera è un libricino di un centinaio di pagine che si intitola "Il Principe" che è una riflessione sull'idea del principe ma soprattutto del potere. Uno degli scopi del "Principe" è quello di ritornare nelle grazie dei Medici (lo dedica a Giuliano de' Medici) e infatti anche grazie a questo ritorna lentamente nei circoli del potere; in questo periodo scrive anche un trattato sull'arte della guerra. In questi anni diventa papa Giovanni de' Medici (Leone X) che dovrà affrontare la riforma protestante.
Finalmente Machiavelli ritorna tra i potenti nel 1525 ma due anni più tardi la famiglia Medici cadrà un'altra volta e tornerà la Repubblica. Machiavelli viene preso ed esiliato poichè collaboratore dei Medici ma quest'ultima fase durerà poco poichè muore poco dopo.
E' stato un grande teorico della politica ma nella pratica non è riuscito a fare molto.
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