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mercoledì 28 settembre 2011

Leopardi: le illusioni e la teoria del piacere

La nostra società è fatta per distruggere le illusioni; queste sono il nostro miglior mezzo per raggiungere la natura. La ragione è insignificante rispetto alla natura.

  • Testo quasi apocalittico ed estremo: la capacità di essere in sintonia con la natura porta le illusioni che sono la nostra natura. Togliere le illusioni vuol dire togliere le radici d'una pianta.
  • Se il mondo fosse pieno di virtù Giacomo vivrebbe bene: se tutti credessero in questo tutti starebbero meglio; le cose dell'immaginario sono svalutate a prescindere. Non importa che siano illusorie, renderebbero lo stesso felici gli uomini.

Leopardi comincia ad approfondire l'argomento e mette in discussione anche il fatto che la natura generi le illusioni. Il problema quindi diventa il rapporto del singolo con la natura; noi siamo al mondo senza un perché tranne che il ciclo della natura: questo non è pensato per noi come singoli individui ma nel suo complesso. Noi sperimentiamo solo il nostro punto di vista. Leopardi si rende conto che le nostre illusioni sono veramente illusorie.

  • Il desiderio di felicità è un istinto di cui abbiamo necessità. Leopardi si sta preparando a demolire ciò che appena detto: i selvaggi forse soffriranno di meno ma non vuol dire che siano felici, sono meno infelici perché inconsapevoli.

Teoria del piacere

  • L'uomo ha un amore infinito verso se stesso e quindi abbiamo un desiderio che tende all'infinito: non riusciremo mai a soddisfarci con i piaceri perché il nostro animo vorrà sempre di più.

La felicità vera non ha limiti e quindi non possiamo raggiungerla. Non riusciremo mai a soddisfare i nostri bisogni.

Cosa può fare la religione quindi?

  • La religione da una promessa di perfetta felicità che: non posso immaginare ora, non potrò mai immaginare, non ha nulla a che fare con le sofferenze che si trovano qui. È una felicità irragionevole poiché non ci serve nel momento in cui viviamo.

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